19 Giugno 2014
L’Acquacoltura sarda in mani straniere!Le produzioni di orate e spigole sarde sempre piu’ in mano di imprenditori d’oltretirreno

I NUMERI DEL COMPARTO

La mancanza di risorse finanziarie sta portando ad un assalto all’acquacoltura sarda operato da imprenditori esteri o provenienti da oltre tirreno. COLDIRETTI IMPRESAPESCA lancia l’allarme.
Elementi di carattere generale. Il futuro è l’Acquacoltura
L’acquacoltura è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale di grande valenza ambientale. Fornire al mercato le quantità di prodotti ittici che il mare non è più in grado di fornire, consentendo che l’allentamento sugli stock ittici da parte dei sistemi tradizionali di pesca possa favorire il ripopolamento dei mari che soffrono un sovra sfruttamento che, per quanto riguarda il Mediterraneo, riguarda ormai il 98% delle specie ittiche. (dato CE)
Elementi finanziari di rilievo
Nonostante la profonda crisi di questi ultimi anni il mercato dei prodotti dell’acquacoltura ha segnato un trend positivo sia per quanto riguarda i prezzi alla produzione che per quanto riguarda gli ordinativi. La causa di ciò è da ricercare in particolar modo nella diminuzione dei prodotti della pesca tradizionale che nell’aumento dei prezzi alla produzione dei prodotti che giungono a noi dai paesi dell’Egeo. Ha inciso inoltre l’importante lavoro di eradicazione del mercato nero dei prodotti ittici operato dagli organi di controllo, che ha contribuito ad ampliare le fasce di mercato per i prodotti che vengono venduti sul mercato legale.

Dalle rilevazioni che alleghiamo in termini esemplificativi vediamo come i prezzi medi del prodotto di importazione dell’EGEO (Grecia) hanno avuto un incremento di prezzo al pubblico di circa 2 euro al chilogrammo, passando dai 6 agli 8 euro al chilo, mentre i prodotti sardi, in questo caso le Orate di Alghero, sono più o meno stabilmente venduti ad un prezzo medio che si attesta al di sopra dei 13 euro al chilogrammo.
Allo stesso modo è evidenziato nella tabella seguente come l’aumento del prezzo all’ingrosso dell’orata Greca si è stabilmente attestato al di sopra dei 5 euro al chilogrammo, raggiungendo una soglia tale da non creare difficoltà di mercato ai prodotti locali, qualitativamente superiori rispetto ai primi.

Elementi operativi di rilievo
Nonostante le incertezze dovute ad un sistema politico/amministrativo inefficiente e ad un contesto finanziario e commerciale ancora troppo aleatori, molte Aziende sarde sono riuscite a rimanere in attività pagando tuttavia un prezzo non insignificante in termini di competitività.
Prospettive per il futuro
Oggi il comparto è arrivato ad un bivio e rischia che le produzioni sarde di prodotti dell’Acquacoltura vengano totalmente gestite da imprenditori non sardi per via della maggiore capacità finanziaria che questi riescono ad attingere da banche o da finanziatori privati.
Il rischio quindi è che la Sardegna perda anche questa opportunità importante che, oltre all’aspetto economico e sociale, potrebbe avere un importante rilievo anche dal punto di vista turistico.

Il crollo della produzione Sarda di acquacoltura marina

A fronte di una produzione teorica che potrebbe rendere la Sardegna protagonista nel panorama Italiano dell’Acquacoltura oggi le Aziende sarde oggi producono circa il 30% del loro potenziale. Il trend delle produzioni mostra quindi un dato allarmante.
I problemi, perlopiù di carattere finanziario, impediscono che pure di fronte a richieste ed ordinativi in forte aumento, che richiederebbero un deciso aumento delle produzioni, le stesse Aziende non riescano a trovare sul mercato risorse finanziarie tali da poter investire in modo adeguato.
La nascita abbastanza recente di questo comparto zootecnico e la sua limitata diffusione fino ad oggi ha reso limitati gli investimenti che le istituzioni ed il mondo bancario e finanziario hanno effettuato per approfondire le tematiche specifiche del comparto ed ha reso inadeguati fino ad oggi tutti gli strumenti che sono stati utilizzati per finanziare le Aziende.
La produzione infatti possiede dinamiche simili ad altri comparti per i quali i prodotti finanziari ed i sistemi di valutazione del sistema bancario sono decisamente più adeguati e definiti (invecchiamento formaggi e/o vini) e consentono un più facile accesso al credito da parte delle imprese.

Problematiche dell’allevamento dell’Orata e della Spigola.

L’allevamento dell’Orata e della spigola hanno cicli biologici lunghi. Sono infatti necessari 14/16 mesi per portare a taglia un’orata (ca. 350 grammi) e fino a 18 per le spigole.

Il problema inoltre nasce dalla sovrapposizione dei cicli di produzione che, durando oltre un anno e mezzo ed arrivando quasi ai 24 mesi se oltre al periodo di allevamento si considera il periodo di vendita del prodotto, che necessariamente deve essere scaglionato nel tempo per garantire una continuità nella fornitura del prodotto, pone in difficoltà chi non facesse piani di investimento pluriennali ma si limitasse a ragionare sul singolo ciclo produttivo.

                Da ciò evince che per smobilizzare qualsiasi investimento a valere sulla prima semina è necessario seminare il secondo anno. Si dovrebbe quindi ragionare su un sistema di finanziamento biennale, ancorato alle produzioni per cui, rientrati delle spese del primo ciclo si procede alla semina del terzo anno e svincolato il secondo ciclo si programma la semina del quarto ciclo produttivo. Da ciò emerge quanto i tradizionali prodotti finanziari e bancari siano inadeguati a sostenere le imprese del comparto.
Altro elemento di rilievo nell’analisi delle complessità del comparto consiste nella stessa natura del pesce che, essendo un animale a sangue freddo, ha un metabolismo estremamente efficace nel periodo in cui l’acqua del mare è più calda con la diretta conseguenza che i consumi di mangime aumentano in modo esponenziale proprio nei mesi caldi, e naturalmente con essi aumentano in modo deciso i costi di gestione che sono relativi al mangime in una percentuale che supera il 40% del totale.

Questa tabella rende evidente che il periodo limitato in cui si concentrano le spese di gestione ben non si concilia con i flussi in entrata dovuti al fatturato, che sono relativamente omogenei nell’arco dell’anno con leggeri picchi che si evidenziano non tanto in estate, periodo in cui la “concorrenza” del prodotto selvatico mitiga i vantaggi relativi all’aumento generalizzato di prodotti ittici, ma soprattutto in Dicembre, ed in particolare in corrispondenza con le festività di fine anno.

Il business La redditività delle produzioni da acquacoltura
Il settore dell’acquacoltura si basa sull’aumento di peso dei pesci seminati nelle gabbie e quindi sulla produzione di “carne” da esemplari che vengono immessi nel ciclo appena svezzati.
La capacità finanziaria di poter attendere il periodo di adeguata crescita di tutti gli esemplari in gabbia rappresenta infatti il nodo centrale e la discriminante che porta le Aziende a guadagnare o ad indebitarsi.
La taglia commerciale che ad oggi garantisce il livello di redditività maggiore per gli allevatori, anche in rapporto alla lunghezza del ciclo produttivo è quella del 400/450 grammi.
Tuttavia i produttori, soprattutto le piccole Aziende, di fronte all’incombenza delle scadenze ed alla situazione di “cartello” che si è creata fra i produttori di mangime, poche Aziende a livello nazionale, spesso finiscono per fornire sul mercato pesci di pezzatura ben inferiore, talvolta persino inferiore ai 250 grammi.
Dalle tabelle che seguono si può apprezzare in modo significativo la differente rimuneratività delle produzioni catturate a seconda della diversa taglia.

Il mangime
L’elemento che incide maggiormente sui costi di produzione è sicuramente il mangime. Considerato la “benzina” che consente di far camminare la macchina il suo costo medio si attesta tra 1.15 ed 1,20 euro al chilo e, dato un fattore di conversione mangime / pesce di 2-2.2/1, a fronte di circa due euro e cinquanta di costo per acquistare due chilogrammi di mangime si produce un chilogrammo di pesce che, a seconda della taglia e del momento viene venduto a prezzi che variano dai 7.50 e gli 8,20 al chilogrammo. Quindi una gabbia di pesce a fronte di una spesa di mangime di circa 80/85.000 euro la produzione lorda vendibile della stessa si aggira intorno ai 300.000 euro.

Costi e ricavi il ciclo produttivo
Anche a fronte di un ciclo produttivo relativo ad un impianto medio piccolo, con una produzione intorno alle 120 tonnellate di pesce l’anno, i dati relativi alle produzioni ed ai costi di gestione dimostrano una alta redditività delle Aziende che, tuttavia, non riescono ad esprimere il loro potenziale a causa delle debolezze strutturali e soprattutto finanziarie che rendono impossibile sfruttare la sfida per la competitività che è alla base di tutte le comunicazioni della Comunità Europea che vede nell’acquacoltura un settore di importanza strategica.

L’allarme Coldiretti L’acquacoltura sarda in mani straniere
Tale relazione pone direttamente in evidenza la redditività del ciclo finanziario di un impianto di acquacoltura, che produce spese fino a quando il prodotto non giunge alla taglia commerciale per poi essere venduto. La lunghezza del ciclo produttivo e l’impossibilità di reperire sul mercato risorse finanziarie che consentano di portare a regime gli impianti sono alla base di un vero e proprio crollo delle produzioni che, peraltro, stanno sempre più spesso entrando in mani non sarde.
Gli impianti sardi sempre più spesso stanno diventando proprietà di società estere o comunque di oltre tirreno e ciò provoca un rilevante impoverimento del nostro tessuto imprenditoriale e delle nostre opportunità di riscatto.
L’allarme lanciato quindi è relativo alla necessità di sostenere il settore, senza denari a fondo perduto ma con sistemi di credito che tengano conto delle esigenze delle imprese, per consentirci di poter mantenere in mani sarde attività che uniche, perlomeno in questo preciso momento storico, presentano importantissime performance di crescita nel breve/medio periodo* e che strutturalmente hanno un livello di occupati percentualmente più elevato rispetto a molti altri settori.
Va evidenziato che le mutate esigenze alimentari della popolazione che sono orientate verso diete sane e di grande valore nutrizionale, garantiscono ai prodotti ittici un futuro importante a fronte ad un impoverimento dei mari che sta raggiungendo livelli eccezionali di gravità.
Coldiretti Impresapesca intende chiedere in primis alla Regione di intervenire per garantire che attraverso la SFIRS ed attraverso interventi diretti si possano sostenere le Banche che operano in Sardegna affinché sostengano in modo deciso ed immediato le Aziende del comparto che, una volta superato il punto di svolta che si ottiene con la messa a regime dei cicli produttivi, possono offrire alla nostra economia posti di lavoro e ricchezza che ad oggi mandiamo all’esterno della nostra regione se è vero che oltre il 75% del prodotto ittico consumato in Sardegna è importato.

*Il pesce d'allevamento sostituira' il pesce selvatico sulla tavola – "Financial Times" (Gran Bretagna) 9 giugno 2014 – Il pesce allevato… e' destinato a sostituire il pesce appena catturato sulle tavole e nei menù dei ristoranti di tutto il mondo, con l'impennata dei prezzi e il crescente appetito di specie pregiate che stanno provocando un boom del settore dell'acquacoltura. Un netto spostamento verso il pesce d'allevamento è il risultato di una forte domanda di prodotti ittici, alimentata dai benefici, per la salute, associati al consumo di pesce, e da un aumento del consumo in tutto il mondo in via di sviluppo. Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e l'Alimentazione, nel 2014, il consumo pro capite di pesce d'allevamento dovrebbe registrare un incremento del 4,4%, rispetto all'anno precedente, arrivando a 10,3 chili l'anno, e superando, per la prima volta, il dato concernente il pesce selvatico, che dovrebbe diminuire dell'1,5%, scendendo a 9,7 chili. L'aumento della domanda si registra proprio nel momento in cui il prezzo del pesce d'allevamento ha toccato nuovi picchi record. Il prezzo globale del pesce – sia d'allevamento, sia selvatico – è schizzato ai massimi storici, poiché' il crescente appetito si è scontrato con la scarsa produzione ascrivibile a malattie e ad altre questioni concernenti l'offerta. Sebbene la domanda proveniente da mercati tradizionali, come il Giappone, uno dei principali importatori di prodotti ittici, sia stata debole, negli Stati Uniti e in Europa, il consumo è cresciuto, in parte, in conseguenza di una ripresa economica esitante. Anche gli acquisti di paesi, come Messico, Brasile, e Cina, e, in linea generale, dell'Africa, hanno sostenuto la domanda. "L'unico modo di soddisfare questa nuova domanda è l'acquacoltura", spiega Gorgan Nikolai, analista della Rabobank. L'aumento dell'acquacoltura potrebbe tradursi in minori oscillazioni dei prezzi del pesce. Frank Asche, economista e professore dell’università di Stavanger, in Norvegia, spiega: "Alcune ricerche mostrano che i prezzi dell'acquacoltura sono meno volatili rispetto al prezzo del pesce selvatico, pertanto una quota di mercato più elevata dell'acquacoltura dovrebbe ridurre la volatilità dei prezzi". Tuttavia, difficoltà di approvvigionamento hanno colpito alcune specie ittiche d'allevamento, come salmoni e gamberetti, che sono stati colpiti da malattie e dal cambiamento climatico. Anche la pesca selvatica sta registrando un calo della popolazione ittica, a causa dell'eccessivo sfruttamento, dell'inquinamento e del cambiamento climatico. Lo stato della pesca selvatica sarà tra le priorità in agenda, in occasione dell'incontro biennale dei ministri della Pesca, dei funzionari del settore, e delle organizzazioni non governative, ospitato, questa settimana, a Roma, dalla FAO. La crescita del pesce d'allevamento potrebbe presentare i suoi problemi. Si avrà una costante pressione al rialzo sui prezzi dei mangimi, che continuano a essere su livelli elevati, a causa di un calo delle catture di acciughe e di altri piccoli pesci usati come mangime. Le aree limitate dove gli allevamenti ittici possono essere costruiti e le scarse risorse idriche impongono dei vincoli logistici. Il problema più serio è costituito dall'aumento delle malattie che colpiscono il pesce d'allevamento. Il settore dei gamberetti del sudest asiatico è stato colpito dalla sindrome della mortalità precoce, mentre l'industria cilena del salmone è stata danneggiata da un virus. Il prezzo delle ostriche europee ha registrato una forte impennata, in conseguenza di un calo della produzione in Francia, dovuto alla diffusione del virus dell'herpes tra gli animali. Lem sottolinea come la sfida per il settore del pesce d'allevamento sia quella di instillare buone pratiche. (…) [Emiko Terazono, quotidiano]